Dal Vangelo di Marco ( 65-70 d.c. ):
E mentre essi mangiavano, preso del pane, benedicendo
lo spezzò, e diede loro e disse: Prendete, questo è il mio corpo.

Dio che si fa corpo, e poi corpo che si spezza per tutti.

Gesto inaudito, che sacralizza il corpo, liberandolo dalla prospettiva tragica del pensiero Ellenistico, dalle spiritualizzazioni impossibili della cultura Indiana, dalla ricerca dell’equilibrio perfetto dei saggi Cinesi, dalla necessità di venire a patti con la natura che emerge dal “ Sud ” e dal “ Nord ”del mondo.

Corpo sacro, corpo finalmente umano.

L’annuncio evangelico travolge l’apparente stabilità dell’Impero Romano, facendolo diventare improvvisamente vecchio, superato: abolendo l’aborto e l’infanticidio, rifiutando l’omosessualità come pratica pur accogliendo ogni persona come un fratello, dividendo il potere politico da quello religioso, prendendosi cura di chiunque fosse nell’indigenza, le nascenti comunità cristiane gettarono le basi di quel sistema sociale in cui noi tuttora ci riconosciamo. Il ” corpo ” di Cristo divenne il centro da cui  da cui tutto si dipana, il corpo di ognuno la concreta, carnale e vitale espressione di Dio.

Eppure, all’interno delle stesse comunità cristiane e prima ancora che i Vangeli vengano scritti, il concetto di corporeità muterà velocemente, divenendo presto un peso da portare piuttosto che la manifestazione del divino.
La gioiosità incontenibile che emergeva festosa tra i primi fedeli ( le nascenti comunità cristiane terminavano le cerimonie con il bacio d’amore tra uomini e donne, molti cadevano in estasi ) viene rapidamente repressa. La donna, in particolare, viene “invitata” a liberarsi di tutto ciò che può “distrarre” l’uomo dalla ricerca di Dio.

Scrive infatti S. Paolo, alcuni anni prima della stesura dei Vangeli:
– “ La donna impari in silenzio, con perfetta sottomissione. Non permetto alla donna d’insegnare, né di dominare sull’uomo, ma che stia in silenzio ” ( I lettera a Timoteo ).
– “ Le donne siano soggette ai loro mariti come al Signore, poiché l’uomo è capo della donna come anche il Cristo è capo della chiesa, lui, salvatore del corpo ” ( Lettera agli Efesini ).
– “ E’ cosa buona per l’uomo non avere contatti con donna ” ( I lettera ai Corinzi ).
– “ Colui che sposa la sua vergine fa bene, e chi non la sposa fa meglio “ ( I lettera ai Corinzi ).
– “ Anche le donne anziane abbiano un comportamento quale si addice ai santi (…) per insegnare alle giovani a essere sagge, ad amare i loro mariti e i loro figli, a essere prudenti, caste, attaccate ai loro doveri domestici, buone, sottomesse ai loro mariti, perchè non sia vituperata la parola del Signore ” ( Lettera a Tito ).

Il corpo diviene “ qualcosa da salvare “, se si tratta del corpo dell’altro, del peccatore; “ qualcosa da abbandonare “ se si tratta del corpo proprio, soprattutto per quel che riguarda l’impulso alla relazione.

Pochi decenni più tardi, Clemente Alessandrino potrà scrivere: “ gli uomini (…) devono odorare non di profumi ma di bellezza e bontà, e la donna emani il profumo del Re, cioè di Cristo, non quello di polveri e unguenti: sia unta sempre del carisma immortale della castità e si rallegri del santo unguento che è lo spirito “ ( Il pedagogo, II, 65.2 – II secolo d.c. ).

Rimosso anche il più carnale dei sensi, quello legato alla sensualità, il corpo diviene figura di qualcos’altro, un “ essere peccatore “ per eccellenza; la liberazione del corpo dalle sue paure attuata dall’annuncio evangelico diverrà rapidamente fuga dal corpo da parte di una presunta anima, in ciò stesso contraddicendo l’esperienza terrena del Nazzareno.

Il corpo viene diviso in due: il corpo del religioso, perfetto perchè teso verso Dio; e il corpo del laico, “ debole “ per natura, “ abbruttito “ dal desiderio della relazione con l’altro sesso.

Eppure, proprio nella relazione emerge in tutto il suo spessore la differenza tra l’essere umano e gli altri animali: praticamente privo di istinti fin dal momento del concepimento, l’uomo costruisce il proprio mondo facendone esperienza.
Con un arto superiore che, attraverso la mano, è capace di muoversi a 360° nello spazio, con un arto inferiore che, attraverso il piede, gli permette di spostarsi su tutti i piani, con i sensi disposti ad afferrare qualunque impulso, con una struttura respiratoria modellata per l’attività fonatoria e un apparato genitale capace di qualunque movimento indipendentemente dalle necessità riproduttive, il corpo umano si distacca dal resto del mondo animale, che è invece costretto a vivere in funzione della propria natura.
Anche i mammiferi geneticamente a noi più “ simili “, al posto della mano hanno una zampa, al posto del piede una appendice prensile. Con i sensori relati al proprio specifico ambiente, vincolate all’utilizzo del sistema fonatorio e di quello riproduttivo in funzione dell’istinto, anche le scimmie rimangono quello che sono, animali.

Solo l’essere umano deve continuamente scegliere il proprio modo di essere al mondo, selezionando, dal profluvio di segnali a cui viene sottoposto e dalla varietà infinita delle azioni che è in grado di effettuare, l’atto che risulta essere più opportuno per vivere.
In questo senso, l’annuncio evangelico della risurrezione, orientando il corpo verso Dio, lo rende sacro già qui sulla terra.
Scoperta meravigliosa, la consapevolezza del proprio destino libera l’uomo dalla paura della fine, permettendogli finalmente di vivere la vita, piuttosto che cercare di scampare alla morte.

Ma è una gioia che dura un attimo.
Subito dopo, rifiutando la corporeità del vivere, la fede diverrà religione, istituzione, repressione.

E oggi?
Che cos’è il corpo, per il cristiano del III millennio?

Dopo che un Papa, pur tra mille reticenze, è riuscito a chiedere scusa per gli errori commessi nel passato, si può dire sia evangelicamente risolta la molto poco evangelica diatriba che da sempre ha contrapposto lo “ spirito alla carne ”?

Tredimensioni ( Ancora editore, f.to 240×170, circa 110 pag., quadrimestrale ) è una splendida rivista, nata pochi anni fa con il preciso scopo di “ studiare la personalità umana secondo un approccio di psicologia del profondo nel quadro dell’antropologia cristiana “ ( dal primo editoriale, 2004 ). Il tentativo è quindi quello di proporre utili strumenti psicologici e spirituali per chi si occupa di formazione e di educazione della persona, con un occhio di riguardo per chi si prepara ad essere consacrato religioso.

Gli articoli presentati spaziano dall’approfondimento in chiave psicologica delle varie età della vita, allo sviluppo della dimensione spirituale dell’individuo, per approdare finalmente al concetto di corporeità, analizzato da molteplici punti di vista.

Citando il titolo di alcuni articoli:
– Il contatto corporale nella relazione di aiuto.
– Alla ricerca di un rapporto riconciliato uomo-donna e marito-moglie.
– Dio e il corpo.
– Il senso dei sensi.
– Corpo, piercing e tatuaggio.
l’attenzione alla corporeità è evidente.

Eppure, leggendo questi articoli si avverte la sensazione di essere di fronte alla presenza di un concetto-base, costantemente ripreso ad ogni pagina: il corpo c’è per andare – fare qualcos’altro, da qualche altra parte, in qualche altro posto. Altrove.

Ne risulta una corporeità che punta verso l’Alto, ma ha perso per strada l’altro, di cui si occupa in quanto bisognoso, non in quanto “ altro da me “.

Se uomo è colui che si erge ( … e donna è colei che attrae?…. ) ed entra in relazione donandosi, allora il religioso, avendo scelto di andare oltre il corpo per entrare in comunione con Dio, si pone in un’altra dimensione rispetto al laico, chiamato invece alla progressiva incarnazione in sé stesso attraverso la fusione con l’altro da sé:
e i due saranno in una carne sola “ ( vangelo di Marco, 10,8 )

La relazione con il divino del religioso si concretizza nell’aiuto ai fratelli, ma rimane comunque di là da venire, figura appunto di qualcos’altro ( il regno dei cieli ) rispetto alla relazione carnale, concreta, nel “qui e ora “, a cui è chiamato il laico.

Così, nonostante le buone intenzioni:

  • il rapporto uomo – donna ( Tredimensioni, anno I, 1-2004; anno V, 2-2008 ) viene analizzato da un supposto versante affettivo, essendo ogni riferimento alla attrazione di base ( penetrare, essere penetrata ) semplicemente ignorato, demandato ad altre discipline, in primis la medicina. Questo tipo di analisi, ampiamente diffuso in ambito religioso, che considera istintivo ciò che invece per l’essere umano è assolutamente esperienziale, spiega ad esempio molto bene come nei corsi per fidanzati, organizzati per preparare il matrimonio cristiano, la tematica sessuale venga ormai affrontata solo dal medico: la relazione è diventata una malattia !
  • il corpo è l’entità a partire dalla quale tutto si dipana, ma è una entità comunque da superare ( Tredimensioni, anno IV, 2-2007), nonostante l’ammissione del concetto di corpo quale luogo da cui l’Io può dotarsi di una identificazione e individualità personale ;
  • L’Io ha un corpo ( Tredimensioni, anno V, 2-2008 ), e non quell’Io è quel corpo .

“Affascinato “ dalla grazia di Dio, il religioso ne cerca la presenza e vuole donarsi a Lui. Potremmo dire che “ è un corpo in attesa “ di donarsi a Dio.

Per arrivare a questo, il cristianesimo si è dotato di una serie di strumenti pedagogici assolutamente inadatti al laico, il quale invece diviene il proprio corpo a mano a mano che “ fa esperienza “ del corpo dell’altro.

Purtroppo, tanta formazione religiosa ha preteso ( e pretende ) di utilizzare gli strumenti sviluppati per il clero anche per i laici, con il risultato di far apparire superabile, non essenziale e alla fin fine brutto tutto ciò che abbia a che fare con la corporeità.

Tredimensioni ha il merito di affrontare la dimensione della corporeità lasciandosi finalmente alle spalle la millenaria diffidenza ecclesiastica nei confronti del corpo, che tante sofferenze ha causato a tutti noi; rimane però ancora lontana dal riuscire a dar voce al laico che vive la propria dimensione umana fondendosi letteralmente con chi è altro da sé.
Il corpo di cui si occupa la rivista è il corpo del religioso, il quale ne controlla le espressioni vitali in vista di un fine trascendente; in questo senso, l’accostamento della dimensione psichica a quella spirituale rappresenta il passaggio necessario per pervenire alla sublimazione della tensione verso l’altro da sé.

Il laico, invece, diviene sé stesso a mano a mano che fa esperienza ( nel senso di far proprio, fondendosi ) di tutto ciò che il religioso accoglie ma con il quale non entra in comunione: l’odore, il sudore, gli umori corporei, le lassità o rigidità, le forme, i sospiri, l’abbandono.

Nel continuo assaporare l’esistenza dell’altro da sé, l’uomo si scopre corpo.

A quando una pedagogia dell’amore coniugale, che evangelicamente aiuti l’uomo a divenire ciò che è: il perno, colui che si erge e apre il passaggio dell’amore, amore egli stesso?

Quando?

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