The Game.

Alessandro Baricco

21,5 X 14, 325 pag. – Einaudi editore – 2018

 

Luisa ha 14 anni, lo sguardo curioso e un pò intimorito; viene nel mio studio accompagnata dalla madre ed inviata dallo specialista con diagnosi di lombalgia.

Quando apro la porta la vedo intenta a giocare con lo smartphone nella sala di aspetto con le gambe incrociate, adagiata asimmetricamente con la schiena sulla sedia, la testa mantenuta tesa in torsione in modo da permettere allo sguardo di fissarsi di traverso sul piccolo monitor dello strumento. Non è presente nella stanza, in questo momento lei è dentro allo smartphone, lei è lo smartphone.

Impiega un paio di secondi per ” ritornare tra noi ” e seguire di malavoglia la madre, salutandomi comunque cordialmente.

Luisa è una ” millenian “; è nata, come direbbe Alessandro Baricco, nell’epoca del Game, nell’epoca digitale: ” il termine DIGITALE viene dal latino digitus, dito; sulle dita noi contiamo e per questo digitale significa, più o meno, NUMERICO. Nel nostro contesto, il termine viene usato per dare nome ad un sistema, piuttosto brillante, per tradurre qualsiasi informazione in un numero. (-) Un tempo, tutti i dati che conservavamo erano confezionati in un altro modo: si chiama ANALOGICO. L’analogico era un modo più completo di registrare il reale, ma anche più complesso, fragile, deperibile. Analogico era il termometro a mercurio: nella colonnina il mercurio reagiva al calore cambiando di volume e sulla base dell’esperienza noi deducevamo la nostra temperatura dal suo muoversi nello spazio. Ora il termometro è digitale: lo appoggi sulla fronte, schiacci un pulsantino, e quello in un attimo ti spara una certa temperatura; non è in grado di registrare tutte le sfumature del reale: il mercurio nel termometro si muove di un moto continuo, il termometro digitale non lo fa, magari vi conta i centesimi, ma poi ad un certo punto smette di contare e salta alla cifra dopo: lì in mezzo c’è una porzione di mondo che il sistema digitale si perde per strada. D’altra parte il sistema digitale ha un vantaggio impagabile: è perfetto per i computer, cioè per macchine che possono calcolare, modificare, trasferire la realtà, a patto di procurare loro la realtà nella lingua che conoscono: numeri.  ( pag. 25 ).

La rivoluzione tecnologica in atto ci permette di custodire e/o modificare la realtà trasformandola in numeri; ciò che otteniamo è qualcosa di leggero, veloce, superficiale ma TOTALE: dentro ad un Pc ci sta praticamente ” tutto “.

I “millenians ” si spostano con lo smartphone dentro a questo tutto, ” sono ” questo tutto.

Lo fanno pagando un prezzo: sono fermi. Il movimento, immenso, è nella loro testa.

Si realizza così quello che Baricco chiama un sistema a due forze motrici: la realtà per come tentiamo di conoscerla da sempre, quella che possiamo toccare, annusare, muovere; e la realtà, virtuale ma non per questo meno presente, di ciò a cui è possibile accedere grazie al mondo del web.

Il problema, per Luisa come per tutti noi, è che l’uso di queste macchine tecnologiche sta riducendo il nostro corpo alla sola dimensione visiva, attuata stando il più possibile fermi  ( altrimenti non riusciamo a gestire il monitor dello strumento che abbiamo in mano ): ma, come ho ripetutamente evidenziato nelle recensioni precedenti, noi umani siamo nudi, eretti e con le mani libere, abbiamo la necessità di filtrare la realtà in funzione del nostro corpo, il quale si muove in modalità sinestetica, attraverso una continua integrazione dei sensi, in funzione del suo essere uomo o donna.

Invece, la rivoluzione digitale paralizza il corpo, di fatto fa a meno della differenziazione maschio-femmina, limitandone l’espressione alla sola modalità visiva: lo scotto da pagare per accedere al ” tutto ” viene apparentemente pagato volentieri da noi che ormai viviamo nell’epoca del web, perché la sensazione da cui siamo percorsi è quella di padroneggiare finalmente in mondo in maniera compiuta, ci sentiamo ” dei “.

In questo senso, la digitalizzazione funziona come uno droga: altera la realtà corporea, creando una dipendenza psichica verso la sostanza ( in questo caso: il mondo virtuale ) capace di farci accedere a questo stato di presunta beatitudine.

Io non credo che, come invece afferma Baricco, la rivoluzione tecnologica in atto sia nata principalmente per evitare che si ripetessero gli errori del novecento; più banalmente, gli ingegneri e le teste d’uovo che hanno inventato il web negli anni 70, conoscevano le allucinazioni dell’LSD e degli stupefacenti di cui si faceva già ampio uso in quel periodo, ma anche i loro effetti negativi: si sono inventati un modo per viaggiare con la mente che garantiva lo stesso straniamento senza, apparentemente, i danni devastanti della droga.

Ciò che ne è venuto fuori è un mondo in cui la tecnica non è più una mediazione tra sé ed il mondo, ma una estensione di sé; ci permette di poter fare esperienza giocando, divertendoci, in qualche modo allucinandoci; una ” bolla”  leggera, divertente, ma non per questo meno soffocante. Quello che viene a mancare, quello che noto sempre più nei miei pazienti, è la capacità di muoversi, di andare verso-.

Anche adesso, mentre sto scrivendo al Pc, sono fermo; ma io sono nato negli anni 60, quindi dopo 25 minuti il mio collo inizia a farmi male; il mio corpo mi avverte: devo muovermi.

Credo sia questa la testimonianza che noi ” primitivi ” possiamo trasmettere ai nostri figli: guarda che il mondo vero rimane quello che tu puoi vivere corporalmente, carnalmente; sappi che si muore una volta sola, poi non si può più ricominciare un’altra partita, come invece fai sul tuo Tablet. Le domande sul senso della vita non possono essere eluse nemmeno da te che vivi nel mondo virtuale: l’illusione di credersi dio, il non capacitarsi della propria mortalità, il dover fare i conti con la sofferenza legata alla nostra corporeità.

Tu pensi di essere in contatto con tutti grazie al web, ma ciò che manca nel GAME è proprio la relazione, perché il corpo è fermo e asimmetricamente distribuito: per gestire i vari dispositivi elettronici dobbiamo modificare il nostro assetto posturale fino a lasciare la libertà di movimento unicamente agli occhi, e questo è possibile solo a patto di ” avvitare ” il corpo.

SOLI è il primo termine che identifica gli abitanti del GAME. 

STORTI è il secondo.

STANCHI è il terzo, stante la enorme fatica psichica necessaria per mantenere l’attenzione sempre ad un livello ottimale, così da poter lavorare proficuamente con il nostro Pc.

La realtà virtuale si va configurando come uno spaventoso girone Dantesco, dove torme di nuovi schiavi si affannano a ritagliarsi il proprio inferno?

 

 

 

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