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Testa da testum, vaso di coccio; ma anche da Kranico, cranio, come guscio, corazza.

Nuca da nukhà cioè midollo spinale, la continuazione del cervello.

Vaso che contiene un bene prezioso, che si continua nella colonna.

” Che testa …! “

Testa a pera! “

” I lunghi capelli scendevano dalla testa fin oltre la nuca “

Testa d’uomo, presenza.

Testa di donna, bella.

Com’è la tua testa?

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L’uomo senza inconscio.

Massimo Recalcati

14 x 23, pag. 336 – Raffaello Cortina Editore 2010

 

Inconscio.

Esperienza non simboleggiata e quindi non ancora ricordo; rimosso, ritorna nelle manifestazioni corporee più strane, facendo inciampare la nostra coscienza nel gesto mancato, nel lapsus, nel sogno. Inconscio come linguaggio ” altro “.

Ma anche pulsione irrefrenabile al godimento, alla dissipazione di sè fino a morirne, inconscio come tendenza all’infinito che necessita di argini per poter produrre il desiderio, quella spinta a cercare ciò che è altro da sè che ci rende propriamente umani.

Esperienza, relazione, spinta.

L’inconscio è un gesto. L’inconscio è corpo. Leggi il resto di questo articolo »


Sul piacere e sul dolore.

Sintomi della mancanza di felicità.

Stefania Consigliere

14 x 23, pag. 268 – DeriveApprodi 2004


Nudi, eretti e con le mani libere; sinestetici, plastici, potenziali padroni dello spazio e del tempo.

Costretti a costruirsi un mondo in cui vivere, gli esseri umani sperimentano da sempre il contatto, più o meno doloroso, del loro corpo con ciò che li circonda. La elevatissima esposizione nuda della superficie corporea comporta una presenza costitutiva del dolore nel contatto con l’esterno: veicolato da vie sensitive velocissime e sovrapponibili a quelle tattili, il dolore umano genera turbamento, che si traduce quasi sempre in risposte errate: i topolini imprigionati nella stiva del Titanic sanno come cercare la via di uscita; non così gli umani, che restano imprigionati.

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Storia naturale della sinestesia.

Dalla questione Molyneux a Jakobson.

Marco Mazzeo

14 x 22, pag. 372 – Quodlibet Studio 2005


Toccare, ascoltare, entrare in contatto:come abbiamo visto ( cfr. Le Breton ) i nostri sensi sono ampiamente debitori del contesto culturale e sociale di appartenenza. Ognuno di noi ha un proprio modo peculiare di annusare, guardare, ecc. legato all’ambiente di provenienza, che lo identifica e contemporaneamente lo mette in contatto con ciò che è altro da sè.

Ma è corretto studiare la percezione analizzando le modalità sensoriali una alla volta? Marco Mazzeo, dopo averci guidato alla ri-scoperta del tatto e della manualità, in questo saggio approfondisce un’altra capacità tipicamente umana, la sinestesia, cioè la possibilità di percepire simultaneamente uno stesso oggetto per mezzo di sensi diversi. Leggi il resto di questo articolo »

Viso da vidére, vedere ed essere visti, lo sguardo.

Faccia da facére, quindi come uno è fatto, l’aspetto.

” Gli occhi, torvi e arretrati, puntarono dritti in avanti “.

” Bastò uno sguardo e sul suo viso riapparve il sorriso “.

” Un naso buffo e allegro emergeva dalla sua faccia “.

Sguardo maschile, esporsi per esserci.

Sguardo femminile, ritrarsi per mostrarsi?

Com’è il tuo sguardo?

 

Il sapore del mondo.

Un’antropologia dei sensi.

David Le Breton

14 x 22, pag. 494

Raffaello Cortina Editore – 2007

 

Percepisco dunque sono – dice Le Breton – e mai come ora la correzione dell’assunto Cartesiano risulta così opportuna, a noi che siamo alla ricerca del nostro essere corpo.

La condizione umana è corporea, i nostri sensi aprono ad un determinato mondo, delimitandolo: la percezione viene educata dall’ambiente a cui apparteniamo e dai dati ancestrali che ci formano. Normalmente il mondo scivola sui sensi, ci si accontenta di una valutazione approssimativa; solo ciò che turba il quadro penetra in modo infimo o essenziale la coscienza.

La vista si proietta nel mondo, gli altri sensi entrano in contatto: già a questo livello la divaricazione tra l’Occidente, prettamente visivo ( una vista ormai ” cinematografica ” ), e le altre culture, originariamente più sinestesiche, si fa evidente.

Abbiamo perso gli altri sensi? Non proprio, ma di certo il primato dell’immagine ci distacca dal reale: non più sguardi che si cercano,desiderosi di far seguire all’abbraccio dello sguardo lo scambio degli odori e degli umori, delle consistenze e dei suoni; ma un guardare che analizza, misura, soppesa, rischiando spesso di perdere l’attimo, meraviglioso, dell’incontro. Inoltre, il primato del vedere diluisce le differenze corporee tra l’uomo e la donna Occidentali che, disinfettati e deodorati, portano a spasso un abito sempre più confezionato per azzerare il loro corpo, originariamente maschile o femminile. 

Questo saggio di Le Breton ha il pregio di presentare i sensi corporei nella loro dimensione culturale, fornendo le coordinate per la comprensione dei popoli con cui sempre più spesso noi Occidentali veniamo in contatto; vista, udito, tatto, olfatto e gusto ( oltre ad una opportuna e ” divertente ” parentesi riguardante il disgusto ) vengono presentati secondo una logica antropologica attenta a far risaltare quanto la presa sul mondo sia assolutamente legata al vissuto di ogni società, per sua stessa natura diversa dalle altre culture in cui si è venuta diversificando l’umanità.

 

 

 

 

 

La gola, che offre la nostra fragilità al mondo, che innesca il sorriso per la sua bellezza. Il collo, segno dell’armonia raggiunta dal corpo umano nel suo ergersi al cospetto dell’universo. 

Ho un groppo in gola “.

” Baciò quel collo con voluttà “.

” Il colpo, preciso, recise il collo “

Collo maschile, il pomo d’Adamo.

Collo femminile, lo splendore di Eva?

Com’è il tuo collo, com’è la tua gola?

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